Site-Specific Interactive-Installation at the Art Academy of Latvia art space “Pilot”

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NATURA VIVA

Installazione interattiva realizzata per la mostra “Surrender” curata da Žanete Liekīte e Elīna Drāke (The Art Academy of Latvia. MA Art History and Theory)
7 luglio, 2021 a The Art Academy of Latvia art space “Pilot” (Vāgnera street 3, Riga)

Lo scopo della mostra è creare uno spazio simbolico di liberazione per affrontare le divisioni nell’attuale società noi-e-loro legate all’identità, al genere e alla sessualità. Credere che gli spazi artistici possano imparare dai night club per fungere da catalizzatore di qualcosa che può essere interpretato in modo ambiguo – uno spazio che ci invita a ‘rinunciare e arrenderci’, un fenomeno che può essere visto sia come un aspetto degradante che come un luogo di crescita , che può aprire nuovi orizzonti e può condurre l’individuo alla liberazione e avvicinarsi alla scoperta della propria identità.

I locali della galleria “Pilot” dell’Accademia d’Arte della Lettonia trasformati in una discoteca – un ambiente in cui si celebra la tolleranza, l’accettazione e il diverso. Uno spazio dedicato a tutti gli spazi devianti, segreti, proibiti in cui le persone emarginate hanno cercato rifugio dall’intolleranza, dall’ostilità e dal disprezzo per diventare luogo di nuove esperienze collettive. La metafora della discoteca può riferirsi alla propria stanza, pista da ballo, appartamento, Pride, ovunque persone che la pensano allo stesso modo possano garantire il cambiamento delle regole – liberando un individuo dalla cornice imposta dalla società, permettendo di ‘arrendersi’ e portando alla liberazione .

Progetto “Natura Viva” curato da Sergio Mario Illuminato, Accademia Belle Arti di Roma

L’arte è capace di riconfigurare lo sguardo profondo. Liberando l’individuo e cambiando le regole. Quello di cui forse c’è più bisogno in questo momento per fare/far fare esperienza creativa è che si ricreino tre condizioni fondamentali:

  • un site-specific innovativo, fuori dal chiuso dei luoghi musealizzati/istituzionalizzati;
  • un processo artistico che individui la traccia di luce da seguire verso nuove possibili esperienze collettive, e ciò significa innanzitutto rischiarare la commistione inestricabile di identità e alterità che caratterizza ogni essere umano;
  • uno “spett-attore”, un fruitore cioè attivo, disposto non a ricevere solo informazione emozionale, ma eseguire un’esperienza conoscitiva.

Per il progetto espositivo intitolato ‘Surrender’ curato da Žanete Liekīte e Elīna Drāke (The Art Academy of Latvia. MA Art History and Theory), provo ad inoltrarmi nel nostro spazio e nel nostro tempo, nella nostra esistenza quotidiana, qui e ora, mettendomi in connessione con i pensieri distorti e le notti insonni “degli spazi interiori devianti, segreti, proibiti”. E così che lascio che l’Io ri-affondi le proprie origini nel corpo. Cerco una sorta di sinfonia tra il corpo e la mente per permettere il dispiegarmi nel mondo in maniera autentica, senza finzioni, senza scissioni tra i miei desideri e le richieste che provengono dall’esterno.

Da questi pensieri parte indiretto il processo del doppio artefatto proposto. L’uno che genera l’altro per retrocedere dalla cultura alla natura. Il processo si realizza in 5 tappe.

La prima tappa del processo “Natura Viva” avvia una riflessione culturale: vuole ri-pristinare-alla-mente le parole di Maria Lai: «L’arte è come una pozzanghera che riflette il cielo, ma può passare inosservata. Può essere calpestata, ma l’immagine del cielo si ricompone sempre».

Il dispositivo nasce dall’assemblaggio delle parti di una rete metallica recuperata, tenuta in tensione dall’intelaiatura in legno.

 

 

 

 

 

Ogni linea retta, curva, ondulata di ciascuna maglia della rete è tesa, perché incontra resistenza, perché cerca di aprirsi un varco, lotta contro un attrito o si trova faccia a faccia con la necessità, senza la quale il mondo fisico non può esistere.

La forma e le dimensioni del telaio – insieme alla rete – cercano di riemergere dal silenzio solitamente imposto dal protagonismo della superfice della tela che in questa creazione ribalta l’attività pittorica e permette all’ignoto di prendere corpo visivo. Mentre alla tela di regredire nella retrovia.

Il telaio potrà finalmente svelarsi, prima denudandosi con la propria nerezza e oscurità, affinché – anche dopo le quantità di colore adagiate sulla sua superficie – emergano ancora le tracce invisibili di ciò che è stato. Oltrepassando i limiti e gli orizzonti della materia fisica, l’installazione vorrebbe proiettare i fruitori verso gli universi emotivi.

La tela fissata successivamente al telaio e alla gabbia è costretta – vista la sua tripla dimensione rispetto al telaio – a diverse piegature per contenersi in quelle misure ridotte. Tirando appena fuori da una delle maglie centrali solo un lembo della tela.

 

 

 

 

Nel cammino di questo esercizio artistico si produce una seconda vita ai materiali riciclati.

Manufatto nato per essere altro d’uso quotidiano (letto-telaio), in questo stadio ri-creato svela una doppia immagine (fronte-retro), ognuna delle quali efficace per mostrare ciò che si sta vedendo come cambiamento sociale, morale, in tempo di crisi. Da questo seconda vita inizia il ciclo autonomo dell’arte che va molto al di là del pensiero dell’artista.

Per questo il dispositivo, al fine di fare ancora un passo di fianco al senso e al significato dato all’opera all’interno di un mio recinto programmatico, scende dalla parete e deve percorrere la seconda tappa di ri-creazione, immerso nella sua nuova vita aperta al movimento e all’imprevisto. Viandante per strada, ri-flette spazi pubblici e trasformazioni urbane degradate. È l’occasione per occupare aree periferiche inusuali.

 

 

 

 

 

 

Le incrostazioni o la patina autentica o falsa, tutto, nell’atmosfera della strada ne segnerà ancora una volta il corpo di metallo-legno-stoffa. In questo confine tra arte e vita, nell’alternarsi di osservazioni/azioni dei passanti, forse di amore, talvolta di spregio o di indifferenza, la stessa installazione riprenderà il ciclo perenne di erosione e di usura della materia e del colore che muteranno ancora come il tempo sempre ci muta.

Da questa esperienza, il dispositivo viene recuperato in officina, come forma viva in continuo sviluppo.

La terza tappa riguarda la parte posteriore del quadro. Lì dove la tela è stata piegata e compressa, vengono ripresi i segni e le forme trasferiti per stampo su una diversa tela. Ed ecco che sembrano formarsi alcuni elementi Pathosformel.

 

 

 

 

 

 

Le stesse forme vengono incorporate plasticamente da una miscela di cemento e terre/ossidi naturali che vengono gittati sulla tela compressa e lasciate asciugare seguendo delle tecniche edilizie.

Il corpo unico, compatto realizzato nella quarta tappa di questo processo, percorrendo all’inverso lo stadio dello specchio di lacaniana memoria, viene frantumato per essere retrocesso a frammenti da ri-tradurre nella totalità dei corpi recuperati su una nuova tela.

 

 

 

 

 

 

 

Sulla forma cementata viene impressa una texture di ferro dorato che si sottopone ad una serie di ossidazioni nel tempo.

 

 

 

 

 

 

Infine con l’integrazione dello specchio convesso, cederà alla tradizione della pittura ad olio.

Per giungere alla “struttura strutturante” del secondo dispositivo “Natura viva”, generato dal primo.

 

 

NATURA VIVA
Cemento, ferro, specchio, olio su tela, 60x100x4